Dal dialogo Ue con i giovani al dramma di Paolo: prevenzione e ascolto per aiutare i figli a difendersi (e a parlare) contro il bullismo. Dentro e fuori dal web
Paolo, il ragazzino vittima di bullismo a Santi Cosma e Damiano, aveva solo quattordici anni quando ha deciso di togliersi la vita. La sua morte, e la sua storia, hanno scosso l’Italia, ma non è purtroppo un caso isolato.
Ci sono tanti ragazzi come lui, nascosti nelle loro stanze mentre noi genitori pensiamo che stiano studiando o chattando con gli amici. In realtà, spesso stanno lottando con paure e vergogne che non trovano il coraggio di raccontare.
Magari ci hanno lanciato qualche segnale confuso che non siamo riusciti a raccogliere, o hanno fatto di tutto per nascondere le loro inquietudini, come se essere vittime fosse una colpa.
È in quel silenzio che il bullismo – soprattutto quello online – può crescere e ferire, lasciando cicatrici profonde.
Bruxelles: ascoltare i ragazzi per scrivere le regole
La cronaca ci ha resi spettatori impotenti di troppe tragedie. Famiglie, scuole e istituzioni sono da anni in campo per arginare un fenomeno che cambia volto con la stessa velocità con cui evolvono le tecnologie.
Il bullismo vive nei cortili, nelle classi o nei corridoi, ma entra anche nelle stanze dei ragazzi attraverso chat, social e piattaforme di gioco.
Proprio per trovare nuove risposte, a Bruxelles il commissario europeo Glenn Micallef ha aperto ieri (16 settembre ndr) un confronto con quattordici giovani europei sulle misure che la Commissione sta preparando per combattere il bullismo online.
Un piano d’azione europeo
L’obiettivo del futuro Piano d’azione europeo è rafforzare il sostegno agli Stati membri, con linee guida su prevenzione, educazione digitale, tutele legali e collaborazione con le piattaforme.
Il lavoro si intreccia con la strategia Better Internet for Kids+ (BIK+), che dopo tre anni di applicazione è stata valutata: più di 750 bambini e adolescenti hanno detto la loro su punti di forza e lacune.
Hanno chiesto segnalazioni semplici, privacy più chiara, strumenti inclusivi anche per chi ha disabilità, e lezioni pratiche su come muoversi online senza farsi travolgere.
Le consultazioni europee, aperte fino al 29 settembre (accessibili sul portale Di’ la tua e sulla piattaforma dell’UE per la partecipazione dei minori), sono un invito: genitori, insegnanti, ragazzi possono contribuire a scrivere regole migliori.
Dentro casa: la prevenzione parte da piccoli spazi di fiducia
La prima “rete di protezione” resta quella familiare.
Non serve essere super-tecnologici: servono curiosità e presenza.
Chiedere “come ti senti quando sei online?”, “c’è qualcosa che ti fa stare male nelle chat?” apre spazi di fiducia.
Gli psicologi ricordano che spesso le vittime non denunciano per paura o vergogna. Serve quindi un clima in cui un ragazzo senta di poter parlare senza giudizio.
Anche piccoli dettagli contano: osservare cambiamenti nell’umore, ritiri improvvisi, ansia prima della scuola o del collegamento a un social. E se qualcosa non torna, contattare subito insegnanti o servizi territoriali: l’Italia dispone di sportelli d’ascolto e norme – come la legge sul cyberbullismo – che prevedono azioni rapide contro chi tormenta i coetanei.
Scuola e territorio: un’intera comunità che educa
La scuola non è solo il luogo dove il bullismo accade: è il posto dove lo si può spegnere.
Programmi di educazione digitale, gruppi di peer education tra compagni, tutoraggio tra pari, presenza di psicologi e insegnanti formati possono cambiare la storia di molti ragazzi.
Le famiglie possono chiedere che queste azioni siano integrate nei Ptof e sostenute da fondi pubblici.
Le regole e i doveri del web
La responsabilità non è solo dei singoli: piattaforme e istituzioni devono rendere semplici le segnalazioni, rimuovere contenuti lesivi, proteggere dati e identità dei minori.
Il Regolamento sui servizi digitali già impone standard, ma serve più vigilanza.
Le famiglie possono imparare a usare strumenti di parental control e impostazioni privacy insieme ai figli, non come controllo punitivo, ma come alleanza.