Uno studio ha approfondito la relazione tra malattie croniche e benessere soggettivo, fissando nella scala di quest’ultimo il punto dal quale iniziano i benefici
Che cos’è la felicità? La definizione “tecnica” data dalla psicologia, che la descrive come uno stato emotivo positivo o una sensazione di soddisfazione e di benessere, sorvola sugli aspetti filosofici, ma anche sulle innegabili valutazioni soggettive che rendono il concetto quantomai differente da persona a persona.
E se per gli eventi psicosociali stressanti per quantificarne l’impatto è possibile usare una scala “normativa” (cioè basata su studi sulla popolazione generale e su campioni di pazienti), è solo attraverso una autovalutazione che si può arrivare a dire “quanto” siamo felici.
In tal senso, esiste una scala, chiamata “Life Ladder” o “Cantril Ladder” (dal nome della psicologa che la creò nel 1965), che viene utilizzata in studi psicologici e sociali per quantificare numericamente, con classici punteggi da 1 a 10, la felicità e la soddisfazione che ognuno prova per la propria vita. Già in passato, alcune ricerche hanno evidenziato come da miglioramenti anche piccoli di questo livello di felicità possono derivare benefici per la salute.
Adesso, un nuovo studio ha fissato, a quota 2,7, la soglia minima a partire dalla quale si produce questo effetto positivo.
Il livello di felicità gioca il suo ruolo
La ricerca, pubblicata sulla rivista “Frontiers in medicine”, ha evidenziato come un maggiore benessere soggettivo può portare a una migliore funzione immunitaria e a una minore incidenza di malattie croniche, come quelle cardiache, il cancro, l’asma e il diabete, a cui nel 2021 è stato collegato il 75% dei decessi non correlati alla pandemia.
Non sono insomma solo i fattori genetici, ambientali o comportamentali a portare a queste malattie: anche il livello di felicità gioca un suo ruolo. A indicarlo ai ricercatori sono stati i dati provenienti da diverse organizzazioni sanitarie, statistiche di sviluppo globale e sondaggi di opinione pubblica raccolti in 123 Paesi tra il 2006 e il 2021. I ricercatori ammettono i limiti legati al fatto che si tratta di dati autosegnalati, auspicando quindi che, in futuro, gli studi sul tema includano più misure (tra cui gli anni vissuti con disabilità o i registri di ammissione ospedaliera), prendano in considerazione microdati subnazionali e indicazioni provenienti da Stati a basso reddito o in situazioni di conflitto. Al tempo stesso, però, ritengono che identificare gli effetti protettivi della felicità potrebbe essere un passo importante verso il miglioramento della salute delle persone. “Identificare questo punto di svolta – afferma Iulia Iuga, ricercatrice all’Università rumena “1° dicembre 1918” di Alba Iulia e primo autore dello studio – potrebbe fornire prove più accurate per la politica sanitaria. La felicità non è solo un sentimento personale, ma anche una risorsa misurabile per la salute pubblica”.
2,7: la soglia minima della felicità
In tal senso, il team è riuscito a identificare il punto della scala della felicità in cui questa condizione mentale inizia a esercitare un’influenza positiva, funzionando come vera e propria risorsa per la salute della popolazione.
La soglia è stata fissata a quota 2,7: al di sotto di questo limite, tutto sommato abbastanza basso, i dati dicono che piccoli miglioramenti della felicità hanno effetti nulli nella riduzione dei decessi per malattie non trasmissibili.
Il suggerimento è dunque quello di intervenire a livello di politiche socio-sanitarie per modificare le condizioni in cui il benessere percepito è molto basso, per esempio promuovendo una vita sana, aumentando la prevenzione dell’obesità, riducendo i consumi di alcool, migliorando la qualità dell’aria e aumentando la spesa sanitaria pro capite. Una volta raggiunto il punto di svolta, la ricerca ha intanto abbinato a ogni aumento dell’1% della felicità una diminuzione stimata del tasso di mortalità nella fascia tra 30 e 70 anni per malattie non trasmissibili del -0,43%. E, se la media di felicità di tutti i Paesi è stata di 5,45, all’interno di una forbice che va da 2,18 a 7,97, non è stata riscontrato nessun effetto avverso quando la felicità si può ritenere addirittura “eccessiva”.
Alberto Minazzi