Aperta ufficialmente dal Ministero la piattaforma per censire gli apparecchi: gli enti dovranno farlo entro 60 giorni
Secondo il sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Tullio Ferrante, si tratta di un fondamentale passo avanti per far sì che gli autovelox siano utilizzati solo a fini di sicurezza stradale e non con il solo fine di “fare cassa”.
Con l’operatività online, annunciata ufficialmente il 30 settembre, della piattaforma telematica predisposta dal Mit in ottemperanza al decreto dello scorso agosto, entra infatti nel vivo il censimento degli apparati per il rilevamento della velocità presenti in Italia e parte il conto alla rovescia per rendere fuori legge l’uso di quelli non correttamente registrati.
La registrazione degli autovelox
Come ha chiarito lo stesso Ministero, “l’inserimento dei dati è la condizione necessaria per il legittimo utilizzo dei dispositivi o sistemi da parte di Amministrazioni o enti” da cui dipendono gli organi di Polizia stradale. Questi, attraverso il rilascio delle credenziali da parte della Direzione Generale Motorizzazione, sono già stati abilitati all’inserimento nel portale dei dati, che riguarderanno, esemplifica il Mit, “marca, modello, tipo, eventuale versione, matricola ed estremi del decreto di approvazione o di estensione del dispositivo o sistema”.

Per evitare la necessità di disattivare i dispositivi non censiti e la conseguente annullabilità delle multe comminate attraverso gli stessi, Amministrazioni e enti competenti dovranno tassativamente inserire i dati relativi a ciascun apparecchio entro il 30 novembre, oltre a dover poi comunicare immediatamente ogni variazione o modifica degli stessi. In questi 2 mesi si punta infatti a completare la mappatura. Questa, per poter svolgere la propria funzione di importante meccanismo di tutela dei cittadini, sarà quindi pubblicata sul portale istituzionale del Mit, dove sarà liberamente consultabile.
La sentenza della Cassazione e il tema dell’omologazione
Dal 1° dicembre, dunque, gli automobilisti avranno la certezza che, in caso di mancata registrazione dell’apparecchio, in caso di multa il loro ricorso sarà accolto. Un risultato che, nonostante la valanga di contestazioni mosse, non è in concreto riuscita a raggiungere fino in fondo la sentenza della Corte di Cassazione del 2024. I giudici, in quella occasione, avevano sancito l’illegittimità delle sanzioni comminate tramite dispositivi approvati ma non omologati. Un problema, quello della differenza delle due procedure specifiche di approvazione e omologazione, peraltro non affrontato dal decreto che ha introdotto il censimento degli autovelox. Ed è così rimasta aperta, in attesa di un ulteriore specifico intervento legislativo in tal senso, la questione dovuta al fatto che, in Italia, gli apparecchi utilizzati risultano solo approvati e, quindi, passibili di disinstallazione secondo la decisione della Cassazione.
Alberto Minazzi