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IL RITORNO DELLO ZAR

IL RITORNO DELLO ZAR

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Ettore Messina, tornato a Mestre con il suo Cska Mosca, parla del basket di oggi e di una Reyer che sembra essere quella degli anni d’oro in cui lui ha iniziato. E chissà che un giorno…

A migliaia di chilometri dall’Italia, a mietere successi (per tre volte consecutive sul tetto d’Europa alla guida del suo Cska Mosca), Ettore Messina è tornato lo scorso settembre nella sua Mestre per un’amichevole di lusso promossa dalla Reyer quale ideale coronamento dei festeggiamenti post promozione in Legadue. Per lui il tempo non sembra essere passato mai, con quel suo inconfondibile stile equilibrato, modesto e poco “spettacolare” magari, fuori dal parquet: ma alla guida della sua corazzata russa, anche in un test senza valore di risultato come una gara precampionato, con la solita grinta e voglia di vincere.
Gli anni per lui sembrano non passare a livello di aspetto esteriore, ma qualitativamente si: i risultati conseguiti, sempre migliori, lo hanno posto alla ribalta mondiale come uno dei coach più apprezzati e stimati. Prendendo spunto del noto proverbio latino che recita “nemo propheta in patria”, in qualche modo questo si può ben adattare alla situazione di Ettore Messina, lontano cestisticamente dall’Italia ormai da un bel po’, ma con il cuore sempre presente e anche con uno sguardo attento a come si evolve la situazione della disciplina a livello nazionale. Con l’avvento di Meneghin al vertice della Federbasket l’auspicio un po’ di tutti è che la frattura tra le Leghe e il “governo” istituzionale possa essere ricomposta. “Dino è una personalità autorevole – è il giudizio di Messina – può essere il mediatore ideale in questa fase molto delicata attraversata dal basket italiano. Ovviamente,  perché possa riuscire nell’impresa di ricucire strappi o appianare tensioni, è fondamentale che la politica si intrometta meno e ci sia più attenzione alla discussione tecnica.
Bisogna offrire ai giocatori lo spazio che meritano, serve ricordare che la nazionale è un bene di tutti e come tale va tutelato, tentando di equilibrare i diversi, e in alcune circostanze pur legittimi, interessi”. Ricetta intelligente di un uomo, prima ancora che un ottimo tecnico, apprezzato lontano dall’Italia, che pone all’attenzione anche un altro aspetto più volte già cavallo di battaglia del presidentissimo reyerino Luigi Brugnaro: la visibilità in tv del basket. “Avendo modo di osservare cosa accade in giro per l’Europa, mi sono reso conto di come venga trattata la pallacanestro a livello mediatico, in particolar modo televisivo. Per quanto in Italia Sky stia facendo un lavoro di grandissimo livello, la diffusione della disciplina da noi è inferiore a paesi come Russia, Grecia e Israele e questo la dice lunga”. In un momento non particolarmente felice nel panorama nazionale, la Reyer va in controtendenza: una nobile decaduta che sotto la presidenza Brugnaro ha rinverdito i fasti di un tempo e si propone come una delle realtà più interessanti a livello nazionale nel maschile e nel femminile.
Il giorno dell’amichevole con il suo Cska, che effetto le ha fatto rivedere il Taliercio traboccante di entusiasmo? “Mi ha fatto enormemente piacere tornare nella mia città, riscontrare che c’è enorme passione, come ai tempi d’oro, testimonianza che la strada intrapresa è quella giusta e di questo mi complimento con la società reyerina. La Legadue di quest’anno è un torneo molto equilibrato, difficile, la Reyer mi è sembrata in possesso di un organico di buon livello: la partenza non è stata facile, ma era in qualche modo da mettere in conto. L’importante è continuare a lavorare serenamente, rimanendo sempre tranquilli, senza isterismi”. Tornare in Italia non le ha creato una sensazione di nostalgia: pensa mai ad un suo rientro? “Guardando al futuro lontano mi piacerebbe sicuramente allenare nuovamente nella mia nazione – conclude Messina – purtroppo la situazione attuale mi scoraggia, ma d’altra parte lo sport in generale, in questo caso il basket, è comunque lo specchio del Paese”. Chissà che, magari un giorno, in un panorama diverso, con la Reyer in A, Messina non possa essere finalmente “propheta in patria”.
DI LUIGI POLESEL
 
 
 
 

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