Dalla storica avversione per la “paccottiglia” lagunare alla riconciliazione : Fabrizio Plessi firma la sua prima grande mostra sul vetro. Un viaggio tra acqua, luce ed eredità muranese
Perdersi in un bicchier d’acqua, a Venezia, è insieme metafora e destino: basta una vetrina uguale all’altra, una calle che si ripete, un riflesso che inganna.
Per Fabrizio Plessi, però, quel bicchiere è sempre stato un confine estetico invalicabile.
«Non sopportavo il vetro», ricorda l’artista, di fama internazionale, noto per la sua innovativa integrazione di elementi naturali e media elettronici.
Ora, a 85 anni, l’improbabile ribaltamento.
E’ infatti proprio il vetro, la materia che detestava, il protagonista della sua ultima monumentale mostra.
Archetipi in fuga
“Ho voluto cimentarmi con gli archetipi fondamentali della produzione vetraria, la bottiglia e il bicchiere, ma a modo mio: 36 bottiglie più una in formato XL e 40 bicchieri, tutti diversi l’uno dall’altro. Ne è nata la mostra “Perdersi in un bicchier d’acqua”.
Questa espressione italiana, che descrive il paradosso di essere sopraffatti da qualcosa di apparentemente marginale, cattura l’essenza della filosofia artistica di Plessi, secondo cui le forme più elementari – un semplice bicchiere o l’acqua stessa – possono contenere infinita complessità e profondità emotiva se viste attraverso il prisma della trasformazione artistica.
“Ho voluto cimentarmi proprio con il bicchiere e la bottiglia, da sempre simboli ed elementi primari dell’arte vetraia muranese, per rendere questi oggetti più fluidi, più agili, più liquidi. Opere ora raccolte nella mia prima grande mostra sul vetro. Soltanto una volta, nei lontani anni’60, mi ero già cimentato con il vetro, ma in quel caso si trattava di un progetto diverso più legato al design”.

Dentro l’acqua, oltre il vetro
La mostra raccoglie un insieme di opere che indagano il materiale vetro nella sua essenza più pura, al di là della consueta dimensione funzionale originaria.
“Perdersi in un bicchier d’acqua” si apre in uno “spazio bar” che introduce la galleria Barovier&Toso ARTE aperta a Murano circa un anno fa e dedicata ad artisti contemporanei che vogliono confrontarsi con il vetro.
Qui Plessi reinterpreta bottiglie e bicchieri, trasformandoli in sculture autonome, solidificate nel movimento dell’acqua: opere dinamiche, dove la turbolenza – cifra stilistica dell’artista – si traduce in materia. Accanto ai vetri, i disegni rivelano la genesi delle forme realizzate. La mostra prosegue nella Sala dell’Acqua con una monumentale installazione ad anello in dialogo con quattro storici lampadari Barovier&Toso.
L’anello monumentale e le forme fluide di Plessi
“Ho realizzato un anello di 5 metri e mezzo di diametro che, partendo da terra arriva quasi al soffitto e simboleggia il mio sposalizio con l’Arte.
La struttura, in acciaio e pannelli al Led, è illuminata internamente da luci e immagini fluide di color “azzurro Plessi” che girano vorticosamente”, spiega l’artista.
L’opera, pervasa da suoni d’acqua, evoca l’incontro fra l’elemento liquido che identifica l’artista e il fuoco delle fornaci muranesi, metafora della fusione tra ispirazione e tecnica, tra arte contemporanea e tradizione.
Conclude il percorso espositivo la bottiglia di profumo “Movimenti dell’anima”, che riprende la geometria dell’anello e le forme turbolente delle sculture in vetro, un’opera in 200 esemplari alla quale è abbinata una fragranza oleosa realizzata ad hoc: “un profumo che ricorda le erbe della laguna e che fuoriesce in singole gocce dal beccuccio solo facendo ruotare la boccetta”, puntualizza l’artista.

Dalla Biennale a Central Park: il percorso di un pioniere
Dal 1968 ad oggi Fabrizio Plessi ha ideato e realizzato opere e installazioni dove centrale è la necessità di “far convivere gli elementi legati alla tradizione artistica con il cangiante tecnologico”.
In ambito nazionale e internazionale innumerevoli le sue partecipazioni a eventi di rilievo, tra i quali la Biennale di Venezia e Documenta a Kassel; oltre quattrocento le mostre personali tenute nei più importanti musei internazionali.
Nel 1993 ha creato le scenografie elettroniche per il concerto live di Luciano Pavarotti al Central Park di New York, inaugurando, lo stesso anno, la sua monumentale video installazione “Liquid Time”, prodotta dalla Philips per la Fiera di Berlino.
Nel 2011 il Padiglione Venezia della Biennale di Venezia ha riaperto dopo anni di chiusura con una sua imponente installazione dal titolo “Mari Verticali”. Molto discussa la sua personalissima interpretazione del classico Albero di Natale di Piazza San Marco nel 2020. Un “albero digitale“, insolito, moderno ed evocativo, simbolo di rinascita e speranza, composto da 80 schermi luminosi dorati.
La mostra a Palazzo Barovier&Toso in Fondamenta Manin 1/D, Murano, sarà visitabile gratuitamente fino al 21 giugno da lunedì a domenica dalle 10 alle 18.
Claudia Meschini







