Una proposta di legge mira a creare una rete dei centri storici dell’eccellenza italiana valorizzando i comuni che hanno segnato le origini del marchio italiano
Creare una rete di “Città madri” del Made in Italy, a partire dalla veneta Calalzo, che recenti scoperte hanno identificato come prima realtà produttiva italiana ad avvalersi del marchio.
È questo l’obiettivo cui punta il disegno di legge numero 1679 del senatore bellunese Luca De Carlo.
“La rete – spiega – vuole costituire una cornice all’interno della quale sviluppare una serie di progettualità che si basino, al tempo stesso, sull’innovazione e sulla riscoperta delle tradizioni storiche”.
Il Made in Italy: dalla Calalzo di fine ‘800 ai giorni nostri
A dare un impulso significativo alla proposta di De Carlo, comunicata alla Presidenza del Senato lo scorso 9 ottobre e ora illustrata nel corso del partecipato incontro pubblico tenutosi nella sala consiliare “Norma Cossetto” di Calalzo di Cadore, è stata la scoperta dello storico d’impresa Massimo Orlandini di un documento da cui è arrivata la retrodatazione della prima volta in cui è stato ufficialmente utilizzato, con un’accezione di eccellenza economica, il termine “Made in Italy”.

“La testimonianza storica – riprende De Carlo, che è stato sindaco di Calalzo dal 2009 al 2024 – rappresenta di fatto la dimostrazione che già nel 1897 si percepiva la straordinaria portata e l’orgoglio delle produzioni “Made in Italy”: cosa non facile, se si pensa che, a quei tempi e nel contesto specifico dell’occhialeria, venivano esaltate soprattutto le produzioni straniere, in particolare quelle tedesche”.
Oggi, ovviamente, le cose sono decisamente cambiate, tant’è che, con la legge 206 del 2023, l’Italia ha introdotto un quadro organico di disposizioni volte alla valorizzazione, alla promozione e alla tutela del “Made in Italy”, riconoscendolo come elemento distintivo della produzione nazionale e strumento di riconoscibilità e prestigio internazionale. “A prevalere – aggiunge il senatore – è stato l’orgoglio, che credo quei pionieri proverebbero guardando alla situazione attuale, che fa del “Made in Italy” il terzo marchio più conosciuto al mondo”.

Le “Città madri” del Made in Italy
In concreto, il disegno di legge si inserisce come intervento di attuazione e integrazione nella cornice normativa proprio nella legge 206. L’obiettivo, spiega la relazione del testo, è quello “di riconoscere e valorizzare i territori che hanno avuto un ruolo pionieristico nella nascita del concetto di “Made in Italy”.
Con il primo articolo del disegno di legge si intende così modificare il testo legislativo inserendovi nuovo articolo 20-bis che istituisce, presso il Ministero, la “Rete delle Città madri del Made in Italy”.
Sono 3 i requisiti richiesti per ottenere la partecipazione alla rete: un documentato “uso pioneristico” dell’indicazione “Made in Italy” prima del 1925; il ruolo determinante nello sviluppo di una filiera produttiva poi affermatasi a livello nazionale e internazionale; la presenza di musei, archivi o centri di documentazione che custodiscano la memoria storica di tale tradizione.
Il secondo comma dello stesso articolo riconosce inoltre formalmente Calalzo di Cadore come “Città Madre del Made in Italy” oltre che primo comune a soddisfare i requisiti, per quanto si demandi a un successivo decreto ministeriale la disciplina delle modalità di riconoscimento e di partecipazione alla rete, nonché l’utilizzo del marchio celebrativo collettivo.

Valorizzare “l’archeologia artigianale”
L’istituzione di questo marchio è un’altra novità prevista dal disegno di legge, che prevede anche la promozione da parte dei Ministeri delle Imprese e della Cultura di iniziative di valorizzazione.
Il marchio “Città Madre del Made in Italy” verrà concesso in uso ai Comuni facenti parte della rete, che dopo il riconoscimento potranno essere autorizzati anche ad esporre una targa ufficiale riportante la dicitura. Il marchio è pensato infatti come strumento di riconoscibilità, promozione e marketing territoriale, prevedendo anche l’emissione di uno o più francobolli celebrativi dedicati alle singole Città Madri da parte di Poste Italiane. “Oltre all’orgoglio di poter portare il nome di “culla” del Made in Italy – conclude Luca De Carlo – riteniamo che i Comuni coinvolti possano sfruttare l’opportunità anche in chiave turistica. Crediamo che la rete possa produrre progettualità che da un lato valorizzino gli attuali produttori di prodotti di nicchia e ad alto valore aggiunto, dall’altro consentano di intercettare programmi, anche europei, di valorizzazione di una vera e propria “archeologia artigianale”.

Al riguardo, ragionando per esempio sulla realtà del Cadore, il pensiero mi corre subito al Museo dell’occhiale e al museo all’aperto che sta nascendo per far conoscere anche i luoghi da cui è partita l’esperienza di successo del Distretto dell’occhialeria bellunese”. Anche perché, come ha ricordato nell’occasione il sindaco di Calalzo, Luca Fanton, non solo il “Made in Italy”, ma anche l’occhialeria italiana è nata, cresciuta e si è sviluppata proprio in Cadore, “dando vita a tutte quelle eccellenze italiane che primeggiano nella moda internazionale”.
Alberto Minazzi



