La scoperta archeologica di un impianto monumentale cambia la prospettiva sull’economia e la società rurale dell’antica Roma
Sotto una distesa di terre aride, gli archeologi hanno riportato alla luce un frantoio di dimensioni eccezionali, uno dei più grandi mai trovati nelle terre di quello che fu l’antico impero romano.
Dodici presse, cisterne, bacini e strutture produttive raccontano la forza di un’economia che, duemila anni fa, ruotava attorno all’olio d’oliva.
La scoperta apre uno squarcio nuovo sulla vita agricola delle regioni di frontiera romane e sul ruolo centrale che questa produzione aveva per rifornire le città mediterranee.
L’antico frantoio è stato ritrovato nel corso degli scavi che si stanno concentrando nella regione di Kasserine, in Tunisia, un territorio caratterizzato da alte steppe e da un clima continentale con forti escursioni termiche e modeste precipitazioni raccolte in pozzi che offrivano le condizioni ideali pe la coltivazione dell’olivo.
La Tunisia divenne così il principale fornitore di olio per Roma.
La campagna di scavi in corso ha la co-direzione dell’Università veneziana di Ca’ Foscari ed è frutto di una collaborazione scientifica internazionale nata nel 2023, tra le Università di Tunisia, Italia e Spagna.

L’area degli scavi
Tra i principali siti oggetto della ricerca c’è Henchir el Begar, identificato con l’antico Saltus Beguensis, centro di una vasta proprietà rurale che si trova nella circoscrizione di Begua, appartenente, nel II secolo d.C., al vir clarissimus Lucillius Africanus. Il sito è noto per una celebre iscrizione latina che riporta un senatoconsulto del 138 d.C. con il quale si autorizzava l’organizzazione di un mercato bimestrale, un evento di grande importanza nella vita sociale, politica e religiosa dell’epoca. L’insediamento si estende su circa 33 ettari ed è articolato in due settori principali, entrambi dotati di frantoi, un bacino di raccolta delle acque e varie cisterne.
Hr Bagar 1 ospita il più grande e imponente frantoio romano della Tunisia e secondo di tutto l’Impero Romano con un monumentale torcularium composto da 12 presse a trave, mentre Hr Begar 2 conserva un secondo impianto con otto presse della stessa tipologia. L’area comprende anche un vicus rurale dove abitavano i coloni e forse parte della popolazione locale. In superficie sono state rinvenute numerose macine e mulini in pietra che documentano una produzione mista di cereali e olio, rivelando la duplice vocazione agricola del sito. Le recenti prospezioni geofisiche con georadar hanno inoltre individuato un fitto tessuto di strutture abitative e tracciati viari, mettendo in evidenza un’organizzazione complessa e articolata dello spazio rurale.

L’olio di oliva un prodotto importantissimo nell’economia dell’impero romano
La campagna di scavo vede dal 2025 la partecipazione del Prof. Luigi Sperti, Vicedirettore del Dipartimento di Studi Umanistici e direttore del Cesav, Centro Studi Archeologia Venezia di Ca’ Foscari e si sta concentrando su due antiche fattorie oleiche situate nel cuore del massiccio del Jebel Semmama.
Questa zona di confine dell’Africa proconsolare, un tempo abitata dalle popolazioni di origine numida musulamii, rappresentava un punto di incontro e di scambio tra il potere romano, i coloni veterani, e le comunità locali.
Lo studio dei siti sta offrendo strutture operative tra il III e il VI secolo d.C.
“Questa missione offre una prospettiva senza precedenti sull’organizzazione agraria e socio-economica delle Regioni di frontiera dell’Africa Romana – spiega il Prof. Luigi Sperti -. L’olio di oliva fu un prodotto importantissimo nella vita quotidiana degli antichi Romani che non solo lo utilizzavano come condimento in cucina, ma anche prodotto per la cura del corpo, sia in ambito sportivo che in medicina, e nel caso si trattasse di qualità scadente, diventava combustibile per l’illuminazione”.



