Possibile stop all’aumento dell’età. Ma non per tutti
Si preannunciano novità nella prossima manovra del Governo.
Sono due le ipotesi al vaglio: la sospensione dell’aumento dei tre mesi solo per chi nel 2027 avrà già compiuto 64 anni o far scattare per il 2027 almeno un mese di aumento dell’età di pensionamento.
Riguardo la prima ipotesi, il congelamento dei requisiti non è previsto per tutti perché avrebbe un costo troppo elevato: un miliardo l’anno. Il taglio della platea consentirebbe invece di farlo scendere a 300 milioni.
La seconda ipotesi, invece, proposta dalla ragioneria generale, potrebbe avvenire sia direttamente, sia attraverso una finestra mobile, vale a dire il periodo che passa tra il momento in cui si matura il diritto alla pensione e quello in cui si può effettivamente lasciare il lavoro.
Un mese lavorativo in più e il nodo dei coefficienti di trasformazione
In questo caso entrano in questione i coefficienti di trasformazione, cioè del moltiplicatore che consente il calcolo delle pensioni in base ai contributi versati accumulati nel percorso lavorativo in relazione alla durata stimata della vita da pensionato, un secondo meccanismo di stabilizzazione che serve a controbilanciare l’aumento dell’aspettativa di vita. Quando l’aspettativa di vita cresce, gli importi versati devono garantire il sostegno economico per un periodo più lungo, motivo per il quale i coefficienti tendono a diminuire.
La Ragioneria, secondo quanto ha riportato Il Messaggero, ha calcolato che se l’adeguamento all’aspettativa di vita fosse cancellato senza intervento sui coefficienti, le pensioni si ridurrebbero di circa il 9%.
Il Tfr come bonus
In tema previdenziale c’è anche la proposta del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon che prevede di andare in pensione a 64 anni con almeno 25 anni di versamenti. In pratica si tratterebbe di convertire il Tfr accumulato durante la carriera lavorativa in una rendita integrativa, capace di incrementare l’assegno fino a una soglia minima di 1.600 euro mensili.
Il problema delle giovani leve
Secondo le stime dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche Inapp, 6 milioni e 100 mila persone lasceranno il lavoro in Italia nei prossimi dieci anni.
Secondo l’analisi Inapp non ci sono però abbastanza giovani che prenderanno il posto di chi smetterà di lavorare e entro il 2060 la popolazione in età lavorativa si ridurrà del 34% con conseguenze su crescita economica, welfare e sostenibilità della spesa pubblica.