Un nuovo studio americano collega il consumo regolare di uova a un minor rischio di Alzheimer. Il merito sembra essere della colina, nutriente poco conosciuto ma essenziale per la memoria
L’Alzheimer è la forma più comune di demenza e oggi rappresenta una delle principali sfide di salute pubblica.
Colpisce la memoria, il linguaggio, la capacità di orientarsi, fino a compromettere del tutto l’autonomia.
Con l’invecchiamento della popolazione, i casi sono destinati a crescere: secondo l’OMS, nel 2050 potrebbero superare i 150 milioni in tutto il mondo.
Non esiste ancora una cura definitiva. Ecco perché la ricerca si concentra sempre di più sulla prevenzione, guardando con interesse al ruolo della dieta.
Ma quello che mettiamo nel piatto può davvero fare la differenza?
Lo studio delle uova
Un team della Rush University di Chicago ha seguito oltre 1.000 anziani nell’ambito del Rush Memory and Aging Project.
Durante quasi sette anni di osservazione, a più di un quarto dei partecipanti è stata diagnosticata la malattia di Alzheimer.
Ma i numeri sono cambiati nettamente se si guardava alla dieta: chi consumava almeno un uovo a settimana aveva un rischio ridotto del 47% rispetto a chi ne mangiava meno di uno al mese.
Non solo diagnosi cliniche: anche le autopsie post mortem su oltre 500 volontari hanno mostrato meno placche e grovigli tipici dell’Alzheimer nei cervelli di chi mangiava uova regolarmente.
Colina: il nutriente nascosto che nutre la memoria
Il protagonista di questo effetto sembra essere la colina, un nutriente poco conosciuto ma fondamentale.
La sua importanza deriva dal fatto che è alla base della produzione di acetilcolina, il neurotrasmettitore che regola memoria, attenzione e apprendimento. Non solo: la colina contribuisce anche alla formazione dei fosfolipidi che compongono le membrane neuronali, indispensabili per mantenere stabili le connessioni tra i neuroni. Inoltre, partecipa ai processi di metilazione, meccanismi che influenzano l’espressione dei geni e la capacità del cervello di adattarsi e rimodellarsi.
Senza una quantità adeguata di colina il cervello fatica a comunicare, a ripararsi e a ricordare. Non sorprende, quindi, che la perdita della funzione colinergica sia una delle prime alterazioni osservate nell’Alzheimer.
Quanta colina serve e dove trovarla
Il nostro corpo produce colina, ma non ne produce abbastanza per soddisfare il nostro fabbisogno giornaliero, calcolato in circa
400–550 mg per gli adulti. Un solo uovo grande fornisce 147 mg di colina, rendendolo una delle fonti più ricche e accessibili. Altri alimenti utili sono carne, pesce, latticini e alcune verdure crucifere.
La colina, affiancata dagli acidi grassi omega-3 presenti anch’essi nel tuorlo, è da tempo considerata un alleato della salute cerebrale per i suoi effetti neuroprotettivi. La novità portata dallo studio della Rush University sta però nel fatto di aver documentato, per la prima volta su un’ampia popolazione, un legame diretto tra il consumo regolare di uova e una riduzione non solo dei sintomi clinici dell’Alzheimer, ma anche delle alterazioni tipiche osservate nel cervello malato.
Le prove oltre le uova
Non è solo lo studio di Chicago a indicare la colina come “scudo” del cervello.
Nel Framingham Heart Study, una delle ricerche più lunghe e autorevoli, chi consumava meno colina (circa 215 mg al giorno) aveva più probabilità di sviluppare demenza e Alzheimer nell’arco di 16 anni.
Mangiare più colina non significa però automaticamente più benefici.
Oltre una certa soglia, i vantaggi sembrano stabilizzarsi. In più, alte dosi da integratori possono portare a effetti indesiderati (come aumento della produzione di TMAO da parte del microbiota, un composto associato al rischio cardiovascolare).
Per questo, gli esperti raccomandano di puntare sulle fonti naturali: uova, pesce, legumi, carne e verdure.
Forse, mentre la scienza continua a cercare nuove terapie, alleati insospettati della memoria potrebbe trovarsi già… nel frigorifero di casa.