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Violenza e stereotipi di genere: ecco come li vedono i giovani

Violenza e stereotipi di genere: ecco come li vedono i giovani

Un’indagine Istat rivela che il rapporto di coppia è visto soprattutto come un sostegno. Donne valorizzate solo per la bellezza per il 56,4% degli 11-19enni. E la scienza afferma che il “maschio Alpha” non esiste in natura

Gli stereotipi di genere e l’immagine sociale della violenza tra ragazzi e ragazze, come riporta la Convenzione di Istanbul, oggi più che mai giocano un ruolo importante per comprendere la dimensione culturale delle radici della violenza. Per questo l’Istat, nell’ambito dell’accordo con il Dipartimento per le Pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha predisposto un’indagine per approfondire queste tematiche. In particolar modo, sono state raccolte opinioni sui ruoli di genere, gli stereotipi sulla violenza sessuale, la tolleranza della violenza e la relazione di coppia, facendo emergere un’interrelazione tra gli elementi.

Il punto di vista dei giovani sul rapporto di coppia

L’indagine dell’Istituto di statistica ha analizzato le risposte anche considerando quanto gli stereotipi tra le giovani generazioni contribuiscano nel costruire le opinioni in tema di accettabilità della violenza.

Quando si chiede ai ragazzi tra i 14 e 19 anni quali siano gli aspetti più importanti in un rapporto sentimentale, il 48,1% di loro risponde “il sostenersi a vicenda nei momenti difficili”, seguito da sincerità, fedeltà e dal “capirsi”. Raggiunge solo il 10% l’attrazione e la bellezza fisica (il dato sale al 14% per i maschi) e avere interessi comuni. Per poco meno di un terzo dei giovanissimi, il 29,1%, la gelosia è un modo per dimostrare amore. Convinzione che si rafforza raggiungendo la punta massima del 41,3% per i ragazzi di 14-16 anni ed è invece minima (15,4%) per le ragazze di 17 anni e più. Per le ragazze, inoltre, gli uomini sono meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche.

Lo stereotipo più diffuso: la donna valorizzata solo per la bellezza esteriore

Si tratta di stereotipi che si presentano come opinioni comuni e spesso accettate acriticamente e che rafforzano dinamiche discriminatorie ostacolando il raggiungimento della parità tra uomini e donne. Nello stereotipo più diffuso la donna è valorizzata solo per la bellezza.

Un’idea condivisa dal 56,4% degli 11-19enni: prevale per i ragazzi con il 58,6% ma è molto elevata anche per le ragazze con il 54%. L’importanza dell’aspetto esteriore è maggiormente diffusa tra i ragazzi più grandi: 51% tra gli 11-13enni; 60,1% tra 14-16enni e 57,7% tra 17-19enni. Il livello di accordo tra ragazzi e ragazze di cittadinanza straniera, con una percentuale del 59,1%, risulta più alto rispetto ai cittadini italiani. E’ una caratteristica che qualifica tutti gli stereotipi, indipendentemente dagli anni di permanenza in Italia e dalle competenze linguistiche. Ragazze e ragazzi stranieri risulta abbiano circa 9 punti percentuali in più nei confronti della condivisione degli stereotipi rispetto agli italiani.

Il ruolo della condizione socio-economica

Se le differenze territoriali non sono in generale particolarmente pronunciate, è la condizione socio-economica di appartenenza a caratterizzare maggiormente i ragazzi rispetto alle loro idee. Infatti, dall’indagine Istat (riferita al 2023), i giovanissimi che sono meno d’accordo sugli stereotipi di genere vivono perlopiù in famiglie con una condizione economica buona o quanto meno sufficientemente buona e genitori con titoli di studio più alti, soprattutto le rispettive madri.

Guardando ai dati riferiti al successo nel lavoro, si conferma più importante per l’uomo che per la donna. In questo caso, lo stereotipo sottintende che la realizzazione personale di una donna debba passare principalmente attraverso la famiglia, la maternità o la cura degli altri, piuttosto che attraverso l’ambizione professionale o la carriera. Secondo questa visione il lavoro diventa qualcosa di secondario, utile solo per occupare il tempo, contribuire parzialmente al bilancio familiare o sentirsi realizzata in modo marginale. L’istruzione fa la differenza perché le posizioni più aperte sono state riscontrate tra i giovanissimi con madri che hanno laurea o dottorato.

Il maschio Alpha in natura non esiste

La scienza, intanto, suggerisce che è tempo di sfatare un mito: quello del maschio Alpha. Per decenni abbiamo creduto all’immagine del suo dominio quale come capo indiscusso che comanda il branco. Un’idea che deriva dagli studi su branchi di lupi in cattività, dove il più forte detta legge, associati poi al comportamento umano.

Così, la qualifica di “Maschio Alpha” tradizionalmente si attribuisce anche a una persona, solitamente di sesso maschile, che occupa la posizione di vertice nella gerarchia sociale di un gruppo. Recenti studi sui primati di un team franco-tedesco, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Pnas, rivelano al contrario che il maschio Alpha in realtà in natura non esiste. La ricerca ha analizzato 253 popolazioni di 121 specie diverse durante 5 anni, includendo scimmie, lemuri, tarsi e lori ed esaminando migliaia di interazioni tra maschi e femmine.

Sono stati catalogati episodi di aggressione, minacce, e comportamenti di dominanza e sottomissione con risultati impressionanti. Infatti, solo nel 17% delle popolazioni studiate si osserva una chiara dominanza maschile, mentre le femmine dominano nel 13% dei casi. Il dato più sorprendente riguarda il restante 70% della popolazione dove né maschi, né femmine mostrano una dominanza sistematica. Si contraddice così l’idea di gerarchie rigide basate sul sesso, dovendo invece ragionare su dinamiche influenzate da strutture sociali e ambientali.

Silvia Bolognini

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