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Referendum 8 e 9 giugno. Per cosa si vota

Referendum 8 e 9 giugno. Per cosa si vota

Sono 5 i quesiti alla ricerca del quorum. Ecco di quali si tratta

Sono il principale strumento di democrazia diretta previsto dalla Costituzione italiana, ma i referendum hanno via via perso nel corso degli anni il loro appeal tra l’elettorato, con il raggiungimento del quorum del voto espresso dal 50% più uno degli aventi diritto, necessario per dare validità alla consultazione, che è diventato sempre più complicato. Non solo appaiono lontanissimi i tempi della prima volta, il 12 e 13 maggio del 1974, quando si espresse l’87,7% degli aventi diritto, con la vittoria del “no” all’abrogazione della legge Fortuna-Baslini che aveva introdotto nel nostro Paese il divorzio.
Negli ultimi 30 anni, in 10 consultazioni abrogative il quorum è stato raggiunto solo 2 volte, l’ultima delle quali nel 2011, per 4 quesiti relativi a temi come l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali, la tariffa del servizio idrico integrato, il nucleare e il legittimo impedimento per le alte cariche dello Stato. Adesso, però, i comitati promotori ci riprovano.

I 4 quesiti sul lavoro

Quattro dei 5 quesiti referendari riguardano il mondo del lavoro.
Il primo propone l’abrogazione del decreto del Jobs Act che ha introdotto il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti nelle aziende con oltre 15 dipendenti.
Votando “sì”, si chiede di ripristinare, in particolare per gli assunti dal 2015 in poi, la possibilità prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori di reintegrazione del lavoratore nel suo posto di lavoro in tutti i casi di licenziamento ritenuto illegittimo dal giudice. Il “no” ovviamente conferma lo stato attuale.
Anche il secondo quesito si occupa di licenziamenti, puntando a eliminare il tetto massimo di 6 mensilità all’indennità per licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di 15 dipendenti. Fermo restando che la reintegra non è prevista in questi casi, il “sì” intende dare al giudice la facoltà di determinare l’importo senza limiti predefiniti.
Al centro del terzo quesito è invece il decreto legislativo 81 del 2015, che regola la possibilità di instaurare contratti a tempo determinato prorogabili e rinnovabili. Al riguardo, con il “sì” si chiede la reintroduzione dell’obbligo di indicare una “causale”, ovvero i motivi alla base del ricorso a questo tipo di contratto anche quando di durata inferiore a 12 mesi. Infine, con il quarto quesito, si chiede che venga abrogata la norma che esclude la responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per gli infortuni sul lavoro derivanti da rischi specifici dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.

La cittadinanza

L’ultimo quesito referendario si incentra invece sulla cittadinanza italiana per gli stranieri, con la proposta di dimezzare da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale nel nostro Paese che viene richiesto agli stranieri extracomunitari maggiorenni come requisito per poter avanzare la relativa richiesta.

Domenica 8 (dalle 7 alle 23) e lunedì 9 giugno (urne aperte dalle 7 alle 15) per la prima volta potranno votare fuori sede anche coloro che si trovano da almeno 3 mesi lontano dal Comune di residenza per motivi di studio, lavoro o per cure mediche.
Ogni quesito referendario sarà riportato in una singola scheda dedicata, sulla quale l’elettore sarà chiamato a barrare una delle 2 caselle: “sì”, per abrogare la norma in questione, oppure “no” se si intende mantenerla.

La disaffezione al referendum

Le consultazioni referendarie negli ultimi 14 anni, si sono diradate, raggiungendo paradossalmente il quorum solo nel 2016 e nel 2020 per i referendum costituzionali, che non lo richiedono come requisito per la validità.
Dopo quella già citata del 2011, le convocazioni alle urne dell’elettorato per esprimere la propria posizione sull’abrogazione delle norme in essere sono state appena 2: nel 2016 con un solo quesito, sull’estrazione degli idrocarburi, che registrò un’affluenza del 31,18%; il 12 giugno 2022, l’ultima volta prima di quest’anno, con 5 questioni (incandidabilità dopo una condanna, limitazione delle misure cautelari, separazione delle funzioni dei magistrati, membri laici nei consigli giudiziari ed elezione dei componenti togati del Csm) che videro alle urne appena un quinto (20,4%) degli aventi diritto. Probabilmente, a incidere su percentuali così basse fu anche la natura molto tecnica dei quesiti.

Alberto Minazzi

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