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ECCO COME MI SONO “CUCITO” UN NUOVO RUOLO

ECCO COME MI SONO “CUCITO” UN NUOVO RUOLO

Le sfide del mestrino Demis Marin, ex imprenditore, ora sarto e attore teatrale: “Saper lavorare con le mani mi ha salvato e mi aiuta ancora a risolvere i problemi”


Perdere il lavoro, ma non perdersi d’animo e ricreare una nuova professione mettendo a frutto le proprie passioni. È quello che ha fatto Demis Marin, quarantunenne mestrino che, dopo una serie di vicissitudini lavorative sfortunate, si è rimesso in gioco alternando l’attività di artigiano a quella di attore teatrale.
SARTO, MA ANCHE ATTORE. Oggi Demis Marin ama definirsi un sarto-attore. Sarto perché ha ripreso in mano la sua vecchia macchina da cucire e produce manufatti completamente artigianali utilizzando vecchi tessuti da tappezzeria e stoffe per abbigliamento di seconda mano. Damaschi, broccati, velluti, sete, organze, lane, vengono unite per creare borse, sciarpe e accessori da uomo e da donna. Ogni pezzo realizzato è un pezzo unico, non ripetibile. La sua ricerca non si ferma solo ai tessuti: ha una vera passione per le cravatte, che ricerca di continuo nei mercatini e che mette come decorazione su borse e sciarpe, reinventando in questo modo nuovi tessuti. Non solo cravatte, ma anche vecchi bottoni e piccoli accessori vintage finiscono per ornare le sue borse, in un continuo gioco tra rivisitazione e creazione. «Dovendo trovare un modo per mantenermi – ci spiega – ho iniziato a cucire delle piccole sciarpe e delle borse con delle stoffe che avevo in casa. Inizialmente ho pensato di regalarle ad amiche, poi sono piaciute molto e così ho deciso di produrne qualche pezzo in più. Ogni cosa che cucio ha una sua storia fatta di riflessioni, di ripensamenti, di scelte che faccio per creare quella particolare borsa o sciarpa. Ricordo alla perfezione ogni singolo oggetto che ho creato, quasi come fosse un figlio. Confesso che qualche volta ho sperato che nessuno comprasse nulla per non separarmene».
E Demis è anche attore, perché, all’attività di artigiano, alterna quella teatrale, proponendo corsi di tessitura creativa per gli adulti e laboratori-spettacolo per i più piccoli. «Mi piace molto stare con i bambini: alimentano la mia creatività e mi fanno sentire bene. I miei progetti “Tessere una favola” e “Un giro di lana” sono rivolti agli alunni delle scuole d’infanzia e primarie. Il protagonista da me interpretato è il sarto Leonard Benjé, una figura a metà tra storia ed invenzione ispirata ai molti personaggi storici che vissero alla corte di Luigi XVI nella seconda metà del XVIII secolo e, in particolare, al parrucchiere di Maria Antonietta».
Le storie raccontate da Leonard accompagnano i bambini in un viaggio fatto di favole di pezza e tessuto, nella memoria dei viaggi della regina e nei ricordi di un sarto alla ricerca del valore del suo lavoro. Assieme al sarto i bambini realizzano il loro diario per raccontare la propria storia, unica e fantastica.
UNA VITA TRA STOFFE E TESSUTI. Marin nasce tra le stoffe e i tessuti, la mamma è infatti direttrice di un’importante azienda di maglieria, mentre le zie sono sarte di professione. Il suo percorso scolastico è abbastanza tradizionale e quasi scontato: istituto d’arte, scuole di modellismo, corsi per vetrinisti. Fin da giovanissimo inizia a collaborare con diverse aziende di abbigliamento.
«Sono una persona curiosa e la filiera della moda mi ha sempre attratto molto. Ho lavorato sia nella produzione che nell’ufficio acquisti in uno show-room di Milano. Sentivo che quello era il mio mondo, il mio futuro».
Alla fine degli anni Novanta si lancia in una nuova avventura. «Decisi di raggiungere mia madre che lavorava in Romania ed iniziai a creare una mia linea di maglieria. Acquistavo il materiale, per lo più cachemire e lane pregiate, disegnavo i modelli e seguivo la produzione. Stipendiavo dieci persone che lavoravano tutto il giorno a ferro ed uncinetto. Erano maglie molto belle che vendevo bene sia in Romania che in Italia. Quella sembrava essere la mia strada; invece non è stato così…».
L’attività infatti non va a buon fine ma lo fa crescere più rapidamente rispetto ai suoi coetanei. «Quando ritornai in Italia – ricorda – invece di pagare come tanti miei amici le rate della nuova auto, mi trovai a dover risanare un debito ben più gravoso».
Fortunatamente, in poco tempo, Demis trova un nuova occupazione che gli consente di recuperare tutti i soldi perduti. Gli arriva però presto un’altra batosta: l’azienda per la quale lavora chiude i battenti da un giorno all’altro. Ecco l’ennesima delusione e il rigetto per quel mondo che tanto aveva amato e lo aveva accompagnato per molti anni.
IL LAVORO MANUALE, SCUOLA DI VITA. Cosa fare allora? Marin decide di impegnarsi più seriamente in quello che negli ultimi tempi era stato per lui solo un hobby: il teatro. Lavora come attore per diverse compagnie fino a fondarne una propria. Ma anche questo è un settore complesso e che soprattutto non ti permette, se non ad alti livelli, di guadagnarti uno stipendio sufficiente per vivere.
Per l’ennesima volta, Marin si trova a dover ripensare la propria vita, ma lo fa con una energia ed uno spirito nuovi. Lo fa soprattutto con quella consapevolezza di chi non si lascia più scoraggiare dalle difficoltà. Perché dunque non mettere insieme le sue due abilità, ovvero la moda e il teatro? «Ho avuto la fortuna – conclude Marin – di cadere molte volte ma di rialzarmi sempre. Saper lavorare con le mani mi ha salvato e anche oggi mi aiuta a risolvere i problemi. Quando ti trovi ad avere un unico tessuto e a fare un errore tagliando la stoffa, devi per forza trovare un’alternativa. Ed è questa capacità di risolvere i problemi che cerco di trasmettere soprattutto quando sono con i bambini. Facendo fare loro dei semplici lavoretti, oltre a stimolarne la creatività e l’abilità manuale, cerco di far comprendere ai più piccoli che i problemi possono avere più di una soluzione e che ogni domanda può avere più di una risposta; cerco di spiegare che le soluzioni non sono mai definitive, ma variano in base alle circostanze e alle opportunità, cerco di far capire che nella vita dalle esperienze negative si posso trarre anche degli insegnamenti positivi».